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Epidemie ed isolamento/ Quanto S. Benedetto e de Wohl possono aiutarci in questo periodo?

Il quinto secolo dopo Cristo non è stato uno dei periodi migliori per la penisola italiana. La decadenza dell’impero romano aveva lasciato il Paese in preda ai barbari.

Guerre ed epidemie gettavano ombra e terrore sulla popolazione. Rileggendo lo scenario nel quale si svolgono le vicende del romanzo “La città di Dio”ci accorgiamo che la storia dell’umanità è sempre stata piena di pagine buie e che quella dell’attuale pandemia non è stata né la prima né l’ultima di queste. Ma la stessa storia ci insegna,che proprio quando il buio sembra trionfare, dal nulla può sorgere una luce: una piccola luce, che espandendosi, può portare un nuovo sole nel mondo.

Teodorico è appena diventato re d’Italia e Benedetto è un giovane studente in una Roma in rovina. Ha meno di vent’anni quando scrive a suo padre l’intenzione di andarsene: “Devo andarmene in cerca di un luogo più vicino a Dio. I miei studi non mi hanno fatto progredire di un passo. A Roma il mondo è una lunga catena, ogni anello un pericolo e tutti insieme una prigionia governata in buona parte dall’avversario […] Io ho bisogno di solitudine, per scoprire cosa Dio vuole dame, e come posso servirlo”.

In un mondo dove tutti pensano ad altro, Benedetto si pone il problema cruciale “Cosa vuole Dio da me?” Come posso servirlo?”. Intuisce che ha bisogno di solitudine per scoprirlo: la sua soluzione è un isolamento.

Così Benedetto inizia il suo eremitaggio per le colline del Lazio. Durerà alcuni anni, fino a quando il Signore non gli mostrerà la strada che lo porterà poi a fondare i monasteri di Subiaco e Montecassino e a diventare il grande santo che tutti conosciamo. È una strana coincidenza che nel mese di marzo,quando tutta Europa dovrebbe festeggiare il suo Patrono,l’intero continente è chiamato ad affrontare un’epidemia (come quella del‘500) con un isolamento.

Anche noi oggi, dopo 1500,ci troviamo -come Benedetto- isolati. Ma come lui, sappiamo cogliere l’occasione e interrogarci allo stesso modo? Benedetto proseguirà l’intera sua vita apparentemente distaccato dal mondo, ma sarà capace di guardare ed accogliere il mondo come pochi altri. Nel suo isolamento sulla collina di Montecassino sarà capace di creare la più grande storia di fraternità che il mondo abbia mai visto: il monachesimo.

In un mondo di“furfanti,adulteri,ladri e tagliagole, barbari rapinatori,perverti edonisti,ciarlatani e perdigiorni…”– in cui De Wohlsi domanda“perché Dio dovrebbe occuparsi ancora di un mondo simile?” – “Benedetto costruisce un luogo dove tutto si fa solo per Dio, levandogli un fiume incessante di preghiere con il canto; un posto dove gli uomini non possiedono niente e dunque hanno tutto.”

“Non avrebbe potuto farlo in cima al colle Palatino, o nel bel mezzo della Suburra; era possibile farlo solo nell’isolamento. E tuttavia, è ancora sulla terra e quel loro canto è come un cordone vivente,una fune scagliata verso il cielo, che Dio afferra, per reggere in equilibrio il mondo”.

Dalla rubrica “Le Recensioni” a cura di Maria Chiara Mattacchione